
C’era una bimba con lenti giganti, pensieri ribelli e frangia anni ’80.
Leggeva seduta sulla gonna a ruota. Parlava di rado e scriveva di più.
Per non far rumore, per non disturbare.
Poi quella bimba si fece ragazza. Un cerchio di amiche a farle da casa,
a ridere intorno al bello del mondo. Baciava se giusto e sognava di più.
Per non far rumore, per non disturbare.
La giovane infine divenne una donna. La pancia un gran tondo con dentro la vita.
Accanto un compagno di gioco e di sfida. Odiava assai poco e amava di più.
Per non far rumore, per non disturbare.
E venne il dolore, ma senza bussare. Un calcio alla porta e un pugno alle attese.
La trasse nell’ombra con uno strattone. Faceva casino, lanciava le cose.
Furente pungeva, sicuro di sé.
Così quella donna si prese paura, avvezza com’era alla quiete di prima.
Chiedeva al dolore: “Sei qui, ma perché?”.
Lui non la sentiva. Sbatteva le ante, sprezzante sbraitava: “Non vali che niente”.
Fu allora che avvenne qualcosa di nuovo.
La donna salì su una sedia e gridò.
Gridò a quella bimba: “Su, parla più forte!”. Gridò alla ragazza: “Limona di più!”.
Gridò contro tutti e contro se stessa. Gridò di ogni grido che al tempo negò.
E quando la voce le si spezzò in gola, capì che il dolore l’aveva lasciata:
restava la forza per fare rumore.
Il cerchio si chiuse, la storia procede, è un giro di giostra. Chi ama vedrà.