Giorno ventotto del duemilaventuno

Giorno ventotto del duemilaventuno.
Quanto manca all’estate? Finirà questo buio?

Giorno ventotto ma sembrano mille
Mi sveglio di botto, sognavo conchiglie.

Sognavo di mare, di aria e risate.
Sognavo di baci su pizzichi d’ape.

Sognavo ma adesso riaccendo la luce,
spalanco la faccia sull’alba che schiude.

Ho il ciclo da giorni, la verve di un koala.
Ho ansie massicce in un mondo che frana.

Un nodo alla gola, il cuore fa un tonfo.
Mi blocco, riparto, respiro più a fondo.

Che cosa mi metto? La tuta, la felpa.
Mi guardo immutata, mi penso diversa.

Bambini buongiorno, che bel buonumore!
Un bacio e poi scuola, io corro in riunione.

Un balzo nel petto, di nuovo, che noia!
Accendo la webcam, non sono più sola.

Il video va a scatti, tu invece mi senti?
Sei in muto. Ti ascolto. Adesso vi ho persi.

Che faccio? Presento? Lo schermo si vede?
Scusate un secondo, ha suonato il corriere.

E l’aria mi manca. Ancora una volta.
È il corpo che insiste: “Ascoltami, forza!”

Perché in questo tempo di assenze e silenzi,
s’è fatta più forte la voce dei sensi.

Mi dice: “Va bene che non ti stia bene
di vivere giorni che inseguono sere”.

E siamo al ventotto del duemilaventuno.
Se il peggio è passato, quando arriva il futuro?

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